Contro la mostrificazione

Anni fa, studiando per un lavoro, ho guardato un documentario sulla storia e il pensiero di Etty Hillesum. A un certo punto dei ragazzi intervistano Michale Wery, dell’Istituto di Neuroscienze di Bruxelles, sul fatto che la Hillesum (proprio lei) parla della barbarie che si può trovare dentro ciascuno di noi.

Wery dice: non spiego la barbarie; osservo me stesso. Ci sono volte in cui mi sono detto che c’è qualcosa di barbaro in me. Sono rimasto colpito dal potenziale di violenza che ho dentro. Poco tempo fa tenevo in braccio il gattino di mia figlia. Mi sono accorto che l’avrei potuto strangolare con una facilità assoluta e questa consapevolezza mi ha portato a interrogarmi. Quando ero giovane mio cugino mi ha chiesto di fare il bagnetto a suo figlio. Era neonato e in quell’istante mi sono reso conto che quel piccolo essere vivente era alla mia mercé. Quel giorno ho preso coscienza del potere che avevo su questo essere vivente. Quale sarà il limite?

Vent’anni dopo – continua Wery – stavo lavorando in giardino e ho sentito qualcuno gridare e chiamarmi per nome. Il mio vicino era caduto nel pozzo e stava annegando. Sapevo benissimo di doverlo aiutare, nonostante ciò ho avuto un’immagine terribile: “puoi fare ciò che vuoi di quest’uomo”. Hai il potere di trovare un modo per tirarlo fuori e salvarlo, hai il potere di ucciderlo. In quei momenti della mia vita ho avuto potere sull’altro. E mi dico: presta attenzione alla barbarie che dorme in te. Il fatto di dare un nome a queste cose, il fatto di parlarne, mi fa capire che non ne ho veramente paura. E questo ci rende più liberi rispetto alle tendenze che vivono in noi.

Il discorso di Wery mi incuriosì e ci ho pensato letteralmente per anni. La stessa cosa che lui racconta la sperimentiamo con i cuccioli, con i bambini, con le persone che ci chiedono aiuto. Una sensazione di potere assoluto che si presenta di fronte a chi consideriamo inferiore o più debole. Questo è l’elemento in grado di scatenare la barbarie in ciascuno di noi. Ogni giorno scegliamo diversamente ma ogni giorno questa possibilità può presentarsi. La natura di ogni essere umano può, all’occorrenza, essere violenta.

Accettare questo significa rinunciare all’idea del mostro che, in realtà, è solo il nome che diamo al riflesso della nostra paura. Noi abbiamo dentro (anche) pulsioni violente ed esserne consapevoli vuol dire accettare la necessità di farci i conti e di gestirle. Nessuna rabbia, nessuno sfogo sarebbe sufficiente a compensare lo stupore e il gelo che coglie leggendo la storia dell’ennesima donna uccisa. Non fatelo, non cedete alla tentazione di pensare che l’assassino sia qualcosa di diverso da un uomo. Non lasciatevi andare all’emotività facile dei discorsi forcaioli. Rimanete lucidi. Riflettete. Ragionate. Perché dove c’è caos c’è sempre qualcuno che riesce a trarne vantaggio.

(Continua….)

Nell’immagine installazione di Philip Worthingto, Shadow Monsters

MoMA, dec 7, 2012–jan 2, 2013

3 pensieri su “Contro la mostrificazione

  1. Pingback: Un discorso sulla violenza | ruminatiolaica

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.