In una vetrina della mia città è apparsa una maglietta con la scritta “Ti tratto con i guanti” e sotto il disegno di due guantoni da boxe pronti all’uso. Non appena la maglietta è stata fatta ritirare dalla vetrina sono fiorite le polemiche sulla libertà di espressione. E inconfondibile si è sentito lo stridìo delle unghie sui vetri di coloro che tentavano di spiegare che non è un contenuto violento. Tanto per chiarire, questi guanti da boxe non offrono gentilezze ma affermano: “Io ti tratto coi guanti”. Sono guanti da boxe che si trastullano con l’idea che “io ti meno” però “ti tratto coi guanti”. Il che, detto per inciso, denota pure uno scarso rispetto per la disciplina sportiva.
Tutto sommato le frasi a effetto come questa sono giochetti noti, non più originali dei piselli del David stampati sui grembiuli da cucina. Somigliano alle barzellette politicamente scorrette, quelle sui froci o sugli ebrei, quelle che se qualcuno le racconta in un gruppo di amici rimane un fatto privato ma se le declama sulla pubblica piazza − che piaccia o no − conferisce a quel contenuto un’approvazione.
La cosa che mi infastidisce, infatti, non è l’immagine della maglietta in sé ma il suo contesto pubblico e il continuo giocare con l’ambiguità di un messaggio che allude alla violenza ma al tempo stesso pretende di essere neutro. Ed è proprio in questo passaggio che si avverte più forte il rumore delle unghie che stridono sui vetri mentre tentano di arrampicarsi.
Il mio problema, insomma, non è per niente di tipo morale ma riguarda la semplice coerenza. Vogliamo mostrare? Mi sta benissimo: mostriamo. Ma finiamola con il giochino del muoversi sempre al limite dei significati. Dire e non dire, lanciare il sasso e ritirare la mano. Lo sappiamo come funziona e onestamente la cosa ha stancato da tempo. Io poi sono favorevole a far vedere, senza ipocrisie e falsi pudori. Usiamo dunque un manichino adeguato, che porti i segni dell’uso di quei guanti, e buttiamo alle ortiche quelle ridicole foglie di fico che anche stavolta vengono sventolate in nome di una libertà che non è libertà di espressione ma banale rivendicazione della doppiezza.
Non lo farei tanto un problema di ambiguità del messaggio, ma di contesto, è un messaggio chiaramente politicamente scorretto, che fa ridere appunto perché fa ironia su una cosa serissima. Come dici giustamente citando le barzellette razziste, bisognerebbe avere il cervello di capire che non sono da dirsi di fronte a chiunque. La libertà di espressione (che per me è importantissima) non mi sembra violata, non è che si è chiesto l’intervento della polizia, o che il proprietario del negozio ha rischiato chissà quale linciaggio, spero che sia chiara a tutti la differenza fra una violenza e una battuta su una violenza.
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Io ho parlato di contenuto (significato) violento e non di violenza 🙂 Per il resto sono chiaramente d’accordo
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È una battuta proprio fuori luogo, in questi giorni di stupri e di morti. E quello che è peggio è che chissà quante donne vengono trattate proprio così. Per di più senza i guantoni.
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Come ha detto un mio amico: l’unico posto dove la maglietta sarebbe nel giusto contesto e una palestra di boxe e li sarebbe anche carina. Io sono d’accordo con lui.
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Sono sconcertata da tanta violenza, non più solo fisica e verbale ma anche così subdola …
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