Cinici idealisti e affettuosi burocrati – Qual è la natura del problema dell’Europa

Dallo schieramento non si scappa: ci sono i “coglioni idealisti” e i “cinici burocrati”. Stop. Allora io rivendico il diritto per tutti di essere “cinici idealisti” e “coglioni burocratici”. Magari, chessò, “spietati moderati” e “burocratici idealisti”, “ragionevoli cinici” e “idealisti spietati”, “affettuosi burocrati” e “idealisti pragmatici”. Non so: almeno fate delle combinazioni nuove…

In questo momento la cosa che mi stupisce di più è che dopo un pronunciamento di cui – ci piaccia o no – bisogna prendere atto si continui a ragionare come se fosse prima, come se fosse ancora aperta la campagna referendaria. Questa incapacità di prendere atto di un dato reale mi sembra grottesca. Le ripicche a posteriori poi, quelle rispostucce stizzite che proliferano in queste ore, sono fini a sé stesse e sono un brutto segnale che parla soprattutto di chi le alimenta. Attenzione, leggete bene: non ho affatto detto che sostengo il SI o il NO. Il fatto è che ora non ha più senso sostenere il SI o il NO. Molto banalmente da ora in poi bisognerà dire: SOSTENEVO il si, SOSTENEVO il no. La scelta è fatta e con quella si va avanti. Sembra che si chiami principio di realtà.

Oltre a tutto questo, aggiungo che non è solo questione di merito ma anche di epistemologia. L’epistemologia indaga la struttura logica e la metodologia delle scienze. In altre parole si occupa delle condizioni e dei metodi per raggiungere la conoscenza scientifica. Piccola nota di metodo: c’è una differenza sostanziale tra le scienze dure e le scienze umanistiche. Ora però io non ho ancora capito da che parte stanno le scienze economiche.

Le scienze economiche sono scienze dure o scienze umanistiche? Bisognerà pur domandarselo, perché credo che mai come in questa situazione sia sbagliato separare il fattore economico dal fattore simbolico. Da questa valutazione sorge poi una seconda domanda  di non poco conto: di che natura è il problema che l’Europa sta affrontando? Di natura puramente economica o anche di natura politica e, dunque, simbolica? A me pare che più o meno tutti stiano continuando a viaggiare su due livelli paralleli senza convergere mai. Eppure andrà fatto, bisognerà trovare un punto di contatto, perché con la risposta a questa domanda cambierà anche il tipo di risposta da dare alla crisi.

Dall’esplosione del caso Grecia, sto cercando di capire gli aspetti specifici della faccenda. Quelli duri, numerici e, si suppone, più ostici per noi “poveri” umanisti. Il fatto è che, alla fine, anche l’economia è una disciplina umanistica e come tale condivide i limiti della branca disciplinare. L’economia è una scienza umana, senza alcun dubbio. L’economia è una scienza statistica. Qualcuno sostiene che sia una semeiotica [n.d.r.: la semeiotica studia i sintomi e i segni della malattia]. Fino a poco tempo fa pensavo che fosse una questione di contrapposizione tra le branche disciplinari. Invece no: è una questione di statuto e forse di limiti epistemologici della disciplina.

Insomma pare di capire che l’economia, per quanto abbia a che fare con i numeri, non sia per questo una scienza dura o esatta che dir si voglia. Ma se questo è vero allora non si capisce lo scontro in atto tra l’approccio umanistico e l’approccio economicistico ai problemi. Non ultima la questione greca. Direi anzi che stiamo assistendo a una contraddizione in essere dal momento che l’economia, che dovrebbe appartenere alla famiglia umanistica, sembra rivendicare uno statuto esclusivo da scienza esatta.

Mettendo da parte il discorso sui presupposti metodologici, che non potendo risolvere in poche righe lascio aperto al punto dove sono arrivata, mi sono poi concentrata sugli aspetti diagnostici. Mi sto applicando molto, i miei sforzi da liceale secchiona sono autentici. Però poi sento narrare, in una sorta di mitologia rovesciata, le storie dei monatti sull’Acropoli che vanno casa per casa a raccogliere i cadaveri e allora mi sorgono delle perplessità.

Più precisamente la mia perplessità ha due ragioni, anzi tre. Primo: questo tipo di rappresentazione, a prescindere dalla sua attendibilità, ha comunque conseguenze sulla realtà. Essa influenza le percezioni, dunque influenza i comportamenti come si evince dal seguente titolo: Grecia, il referendum spaventa i turisti: 50mila cancellazioni al giorno.  Secondo: leggendo delle cancellazioni appena citate ci si pone istintivamente il problema se la notizia sia vera o no. Ciò accade perché bastano alcuni articoli che forzano la mano per indurre nel lettore, e nel cittadino, un dubbio radicale sul rapporto fiduciario con la stampa. Terzo: il dubbio radicale sulla stampa, inevitabilmente, si diffonde da un ambito ristretto come questo a una considerazione più generale dell’informazione alimentando così quella parascienza e quella parapolitica in cui è possibile tutto e il contrario di tutto, dalle scie chimiche alla stamina.

Attenzione, la mia non è una reazione emozionale. Sono tornata da poco da Atene e non c’erano monatti, ve lo posso assicurare (ne ho scritto qui). Poi ho visto le fotografie fresche di giornata dell’Acropoli con il solito via vai di gente. E rinuncio a usare quello che mi raccontano i greci perché… non si sa mai dai “levantini” cosa ci si può aspettare. Già levantino, cioè orientale quindi scaltro, spregiudicato, truffaldino: ed eccoci di nuovo tornati, come se nulla fosse, al determinismo etnico. Provo un imbarazzo triste anche di fronte al giochetto giornalistico del ministro sex symbol. Parlando d’ironia, sono molto più credibili le discussioni che faccio con le amiche dal parrucchiere. Capita che si parli delle stesse cose sciocche ma almeno, al suono del campanello della porta, si ritorna a fare il nostro lavoro.

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Il giorno prima del voto, ai greci avevo fatto un augurio e avevo detto più o meno queste cose. Saranno giorni frenetici per voi e per tutti gli europei. Perché la cosa interessa e coinvolge tutti noi cittadini dei paesi comunitari. Dopodomani (cioè oggi lunedì 6 luglio) cambieranno molte cose. Già adesso questa crisi ci costringerà a rivedere il concetto di Europa. Io posso augurarvi solo una cosa: che la vostra scelta sia libera. Qualsiasi sia il risultato del vostro referendum mi auguro che sia la vostra volontà di cittadini ad affermarsi oltre le pressioni, i condizionamenti e le distorsioni. Qualsiasi essa sia. Per quanto possibile ho augurato loro di scegliere in libertà e coscienza.

Ecco, questa è rimasta la mia posizione. Forse è difficile da metabolizzare ma il referendum greco NON è un referendum per l’uscita dall’euro e NON è un referendum per l’uscita dall’Europa. Forse è ancora più difficile da accettare ma le questioni politiche che riguardano gli assetti degli stati non sono e non possono essere puramente economiche. Sono anche squisitamente simboliche. Perché è la politica stessa ad essere simbolo. E in una misura che non so definire, lo è anche l’economia.

La mia parte emozionale si limita a questo: a veder discutere della Grecia e dell’Europa come fosse una pura faccenda di bottega, è come se mi dicessero che tutto quello in cui ho creduto è falso. Di più:  è come se mi dicessero che tutto quello che mi è stato insegnato è falso. Per me l’Europa era serie di macchie arancioni, verdi e blu su una carta politica dell’atlante geografico. Ma mi è stato insegnato fin dalle scuole infantili che c’era dietro qualcosa di importante, qualcosa di nobile. Mi è stato spiegato che le frontiere non devono esistere, che le culture si possono mescolare, che ci dobbiamo pensare come comunità. E tutt’oggi, come molti cittadini europei, mi chiedo perché ci è stato fatto credere questo. In fondo bastava lasciarci la fede in quelle comode e semplici macchie.

Ilaria Sabbatini

Ps.

Senza la pretesa di detenere una qualche verità, aggiungo il link di qualcosa che per me è giornalismo: Die Probleme der Griechen sind auch die unseren. È in tedesco, ma per il momento ci si può far bastare il traduttore: I problemi della Grecia sono anche nostri

Altro articolo che vale la pena perfino col traduttore: Habermas: Warum Merkels Griechenland-Politik ein Fehler ist

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